Sapere tutto, o quasi, delle retribuzioni altrui. Presto questo limite invalicabile sarà finalmente superato. Ecco in che modo, e perché.
Il senso di iniquità e ingiustizia trova spesso proprio nel posto di lavoro proprio il luogo dove si delinea con più nettezza. Non sempre alle stesse mansioni corrispondono stipendi equiparabili. I fattori che entrano in gioco possono essere molteplici, dall’esperienza, agli anni di servizio, a particolari condizioni personali e familiari. Qui, tra il dato oggettivo e la libera disponibilità del titolare di un’azienda, c’è ampio spazio per la discrezionalità. E l’ingiustizia, inevitabilmente. Il desiderio di conoscere quanto guadagna un collega, considerato meno esperto o capace e pari, spesso, al sospetto di aver subito un torto, a parità di condizioni. Vediamo se questa curiosità può essere appagata davvero.
Ci si attende che persone occupate a svolgere la stessa mansione, a parità di ore settimanali, abbiano la medesima retribuzione. Ma a fine mese le cose potrebbero essere molto diverse. Le differenze possono essere minime ma spesso non è così. E non ci sorprendiamo più di tanto, nonostante il molto cammino intrapreso per la stessa dignità salariale di uomini e donne, per esempio.
Finora il pensiero di quanto guadagnassero gli altri è rimasto un desiderio e, nel peggiore dei casi un sospetto fine a se stesso, buono per rovinarsi la giornata quando non anche la relazione tra colleghi. Le informazioni, infatti, erano ritenute e restavano riservate. Presto, questo scenario di silenzio e diffidenza è destinato a cambiare, con effetti imprevisti e imprevedibili perché non si poteva avere certezza sulle ingiustizie. Ma le cose cambiano, fino al punto che potrai facilmente sapere cosa c’è nella bista paga altrui.
La nuova normativa punta a ridurre le discriminazioni – Foto: Cultureducazione.it
La novità viene dall’Europa, e anche l’Italia dovrà adeguarsi. La data è prossima perché entro il 2026 tutte le imprese degli Stati membri dell’Unione dovranno rendere nota la retribuzione media percepita dai dipendenti che svolgono le stesse mansioni e che hanno il medesimo inquadramento e livello contrattuale.
Un passo avanti notevole. C’è un limite, tuttavia, perché non verranno fatti nomi e cognomi per rispetto della privacy. Ma, almeno, avrai le idee un po’ più chiare sugli stipendi all’interno dell’azienda per la quale lavori. Idee che presumibilmente diventeranno chiarissime nelle aziende di piccole dimensioni, dove la riservatezza avrà vita breve e non sarò difficile scoprire quanto guadagna il collega sempre di buon umore.
La nuova direttiva europea è un modo deciso e con poche remore per raggiungere l’equità salariale nelle aziende. E’ bene immaginabile, infatti, che il datore tenderà ad equilibrare quanto più possibile le retribuzioni, per evitare che qualcuno si ritrovi con una busta paga sorprendentemente più bassa rispetto alla media. E chieda informazioni. Meglio allora, per l’azienda, operare alle fonte e prediligere una retribuzione complessiva quanto più possibile omogenea.
Se dovessero emergere delle diseguaglianze ingiustificabili il lavoratore potrà chiedere un miglioramento del proprio trattamento economico.. Non solo: nella direttiva è specificato e, nel caso in cui dovesse emergere un divario retributivo anche solo del 2,5%, il datore di lavoro sarà obbligato a riequilibrare gli stipendi.
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