Basta lavorare un mese in più per poter far crescere l’assegno della pensione. Ecco la scelta più saggia da fare…
Quando si avvicina l’età per l’uscita dal lavoro, di solito non si vede l’ora di poter accedere alla pensione. La fretta, però, è nemica del guadagno. Lavorare solo un mese in meno potrebbe infatti comportare una riduzione significativa dell’assegno pensionistico. Ogni situazione, ovviamente, vale per sé. Quindi ciascun lavoratore deve ponderare bene e valutare attentamente i pro e i contro del contesto per poter scegliere cosa fare.
In questa valutazione è però fondamentale sapere di quanto potrebbe aumentare l’assegno della pensione lavorando appena un mese in più. Il dato fondamentale riguarda la natura delle pensioni attuali che seguono la logica contributiva. L’importo della pensione dipende in pratica dai contributi versati nel corso della carriera lavorativa.
Lavorare un mese in più permette dunque di accumulare ulteriori contributi, aumentando così il peso dell’assegno della pensione. Il sistema pensionistico italiano offre oggi incentivi per il ritardo del pensionamento. A mutare nel calcolo è il coefficiente. In pratica si parte dai contributi versati nel periodo lavorato, si opera la rivalutazione in base all’inflazione e poi avviene l’accantonamento nel cosiddetto montante contributivo che poi si trasforma in pensione attraverso l’applicazione di un coefficiente.
Lavorare un mese in più per avere una pensione più alta: ecco come si fa
Si parla a tal proposito di coefficiente di quota A (corrispondente all’importo relativo alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1992) e di coefficiente di quota B (che riguarda le anzianità contributive acquisite dal primo gennaio 1993 fino al 31 dicembre 2011).
Bisogna aggiungere che il coefficiente di trasformazione varia in base all’età in cui si esce dal lavoro. Tanto più esso è elevato quanto più si ritarda il collocamento in quiescenza. Per esempio l’attuale coefficiente per l’uscita a 57 anni è di 4,270. A 58 è di 4,378… A 62 anni si passa a 4,882, e via salendo fino al 6,655 dei 71 anni.
Ma i coefficienti di trasformazione non si basano meramente sul calcolo annuale: considerano anche i mesi. La normativa vigente afferma che quando il pensionamento avviene a una certa età e qualche mese, il coefficiente previsto per quegli anni va incrementato. L’incremento si calcola dividendo per dodici la differenza fra il coefficiente A e il coefficiente B. Il risultato di questa operazione si moltiplica per il numero dei mesi.
Con un rapido calcolo, si può così scoprire che un lavoratore che va in pensione intorno ai 65 anni potrebbe guadagnare fino a 50 euro in più all’anno, per tutto il resto della vita lavorando un solo mese in più. In generale bisogna sempre valutare ciò di cui si ha più voglia: se non si ha più la forza o la capacità di continuare a lavorare, anche se è vantaggioso, meglio uscire subito